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Corte di Giustizia Europea: per la competenza in materia di responsabilità genitoriale, vale il superiore interesse del minore

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 ottobre 2016

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articolo 15 – Trasferimento del caso a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro – Ambito di applicazione – Condizioni per l’applicazione – Autorità giurisdizionale più adatta – Interesse superiore del minore»

Nella causa C‑428/15, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court (Corte Suprema, Irlanda), con decisione del 31 luglio 2015, pervenuta in cancelleria il 4 agosto 2015, nel procedimento

Child and Family Agency

contro

J.D.,

con l’intervento di:

R.P.D.,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, M. Vilaras, J. Malenovský (relatore), M. Safjan e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 maggio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Child and Family Agency, da L. Jonker, solicitor, T. O’Leary, SC, e D. Leahy, barrister;

–        per J.D., da I. Robertson, solicitor, M. de Blacam, SC, e G. Lee, BL;

–        per il minore R.P.D., da G. Irwin, solicitor, G. Durcan, SC, S. Fennell, BL, e N. McDonnell, BL;

–        per l’Irlanda, da E. Creedon e L. Williams nonché da A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da A. Carroll, BL;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčíl, in qualità di agenti;

–        per il governo slovacco, da B. Ricziová, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da M. Wilderspin, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 giugno 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1, e rettifica in GU 2013, L 82, pag. 63).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Child and Family Agency (Agenzia per l’infanzia e la famiglia, Irlanda; in prosieguo: l’«Agenzia») e la sig.ra J.D. in merito alla sorte del secondo figlio di quest’ultima, il minore in tenera età R.

Contesto normativo

3        I considerando 5, 12, 13 e 33 del regolamento n. 2201/2003 enunciano:

«(5)      Per garantire parità di condizioni a tutti i minori, il presente regolamento disciplina tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale.

(…)

(12)      È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.

(13)      Nell’interesse del minore, il presente regolamento consente al giudice competente, a titolo eccezionale e in determinate condizioni, di trasferire il caso al giudice di un altro Stato membro se quest’ultimo è più indicato a conoscere del caso. Tuttavia, in questo caso, il giudice adito in seconda istanza non dovrebbe essere autorizzato a trasferire il caso a un terzo giudice.

(…)

(33)      Il presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

4        L’articolo 1 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Campo di applicazione», prescrive quanto segue:

«1.      Il presente regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili relative:

(…)

b)      all’attribuzione, all’esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale.

2.      Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare:

a)      il diritto di affidamento e il diritto di visita;

(…)

d)      la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto;

(…)».

5        L’articolo 2, punto 7, di tale regolamento stabilisce che, ai fini dello stesso, deve intendersi per:

«“responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita».

6        Il capo II di detto regolamento, intitolato «Competenza», comprende fra l’altro una sezione 2, intitolata «Responsabilità genitoriale», che prevede, agli articoli da 8 a 15, una serie di regole riguardanti la competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri in materia.

7        L’articolo 8 di tale regolamento, intitolato «Competenza generale», al paragrafo 1 dispone, in particolare, quanto segue:

«Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adit[e]».

8        A termini dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Trasferimento delle competenze a una autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso»:

«1.      In via eccezionale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualora ritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia più adatt[a] a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore, possono:

a)      interrompere l’esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro conformemente al paragrafo 4 oppure

b)      chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del paragrafo 5.

2.      Il paragrafo 1 è applicabile:

a)      su richiesta di una parte o

b)      su iniziativa dell’autorità giurisdizionale o

c)      su iniziativa di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con cui il minore abbia un legame particolare, conformemente al paragrafo 3.

Il trasferimento della causa può tuttavia essere effettuato su iniziativa dell’autorità giurisdizionale o su richiesta di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro soltanto se esso è accettato da almeno una delle parti.

3.      Si ritiene che il minore abbia un legame particolare con uno Stato membro, ai sensi del paragrafo 1, se tale Stato membro

a)      è divenuto la residenza abituale del minore dopo che l’autorità giurisdizionale di cui al paragrafo 1 è stata adita; o

b)      è la precedente residenza abituale del minore; o

c)      è il paese di cui il minore è cittadino; o

d)      è la residenza abituale di uno dei titolari della responsabilità genitoriale; o

e)      la causa riguarda le misure di protezione del minore legate all’amministrazione, alla conservazione o all’alienazione dei beni del minore situati sul territorio di questo Stato membro.

4.      L’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente a conoscere del merito fissa un termine entro il quale le autorità giurisdizionali dell’altro Stato membro devono essere adite conformemente al paragrafo 1.

Decorso inutilmente tale termine, la competenza continua ad essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita ai sensi degli articoli da 8 a 14.

5.      Le autorità giurisdizionali di quest’altro Stato membro possono accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso, all’interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite in base al paragrafo 1, lettere a) o b). In questo caso, l’autorità giurisdizionale preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la competenza continua ad essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adit[a] ai sensi degli articoli da 8 a 14.

6.      Le autorità giurisdizionali collaborano, ai fini del presente articolo, direttamente ovvero attraverso le autorità centrali nominate a norma dell’articolo 53».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9        La sig.ra D. è cittadina del Regno Unito.

10      Il suo primo figlio è stato collocato in un istituto nel Regno Unito nel corso del 2010, in seguito a constatazioni secondo cui la sig.ra D., da un lato, soffriva di un disturbo di personalità qualificato come «comportamento asociale» e, dall’altro, aveva dato prova di violenza fisica verso tale figlio.

11      Mentre risiedeva sempre in tale Stato membro, la sig.ra D. si è sottoposta, il 27 agosto 2014, a un esame prenatale organizzato dalle autorità di tutela dell’infanzia del suo luogo di residenza in previsione della nascita del suo secondo figlio, R., e ciò in ragione dei suoi precedenti medici e familiari. Da questo esame è emerso fra l’altro che la sig.ra D. aveva dato prova di affetto verso il suo primo figlio, che attendeva la nascita di R. con un atteggiamento positivo e che aveva preso provvedimenti in previsione di tale nascita e che, in particolare, aveva manifestato la volontà di collaborare con gli assistenti sociali al riguardo. Le autorità competenti hanno tuttavia ritenuto che, al momento della nascita, R. avrebbe dovuto essere affidato a una famiglia affidataria, nell’attesa dell’avvio di una procedura di adozione da parte di terzi.

12      La sig.ra D. ha quindi risolto il proprio contratto di locazione e ha venduto i propri beni nel Regno Unito, per stabilirsi in Irlanda il 29 settembre 2014. R. è nato in tale secondo Stato membro il 25 ottobre 2014. Entrambi vi risiedono da allora.

13      Poco dopo la nascita di R., l’Agenzia ha chiesto alla District Court (Corte distrettuale, Irlanda) competente di ordinare che il minore fosse oggetto di un provvedimento di affido. Tale domanda è stata tuttavia respinta con la motivazione che le prove de relato provenienti dal Regno Unito sulle quali l’Agenzia si basava erano irricevibili.

14      La Circuit Court (Corte circondariale, Irlanda) competente, adita con un appello presentato dall’Agenzia, ha disposto l’affidamento provvisorio di R. presso una famiglia affidataria. Tale misura è stata regolarmente rinnovata da allora. La sig.ra D. ha tuttavia ottenuto il beneficio del diritto di visita regolare a suo figlio, di cui ella ha usufruito.

15      L’Agenzia ha peraltro chiesto alla High Court (Alta Corte, Irlanda) che il giudizio nel merito fosse trasferito alla High Court of Justice (England & Wales) [Alta Corte di Giustizia (Inghilterra e Galles), Regno Unito]
16 Con una sentenza del 26 marzo 2015, la High Court (Alta Corte) ha autorizzato l’Agenzia a chiedere alla suddetta autorità giurisdizionale di esercitare la sua competenza riguardo al caso di cui trattasi.

17 La sig.ra D. ha chiesto di essere autorizzata ad appellarsi avverso tale sentenza direttamente dinanzi alla Supreme Court (Corte Suprema, Irlanda), che ha accolto la sua richiesta, dopo aver sentito le parti.

18 Nella sua decisione di rinvio, la Supreme Court (Corte Suprema) si chiede, innanzitutto, se l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 sia applicabile a un caso avente ad oggetto una procedura di affidamento avviata sulla base del diritto pubblico, come quello con cui è adito, malgrado il fatto che, attualmente, nessuna procedura sia pendente nel Regno Unito e che una dichiarazione di competenza delle autorità giurisdizionali di tale Stato membro necessiti quindi, a valle, che le autorità di tutela dell’infanzia di detto Stato membro accettino di prendere in carico il caso di R., avviando una simile procedura sulla base del loro diritto interno.

19 Inoltre, il giudice del rinvio si interroga su come interpretare la nozione di «interesse superiore del minore» enunciata all’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003. Secondo detto organo, tale articolo non esige che il giudice normalmente competente a conoscere di un determinato caso proceda, qualora preveda di trasferirlo a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro che reputi più indicata a conoscerne, a un esame completo dell’interesse superiore del minore. Lo stesso ritiene che il giudice di norma competente debba piuttosto eseguire una valutazione sommaria di tale questione, alla luce del principio secondo cui è nell’interesse superiore del minore che sia l’autorità giurisdizionale più indicata a valutare la situazione a procedervi, con l’obbligo per l’organo giurisdizionale dell’altro Stato membro di effettuare un’analisi più approfondita.

20 Infine, il giudice del rinvio si interroga sugli elementi di cui tenere conto nell’ambito di una tale valutazione sommaria. A tal riguardo, egli sottolinea che del tutto legittimamente la sig.ra D. ha lasciato il Regno Unito per stabilirsi in Irlanda prima della nascita di R., pur chiedendosi se non sia comunque possibile tenere conto del fatto che il suo trasferimento è stato motivato dal timore che il figlio le fosse sottratto dai servizi di tutela dell’infanzia del primo di tali Stati membri.

21 In tale contesto, la Supreme Court (Corte Suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 si applichi alle domande di diritto pubblico in materia di cura dei minori presentate da un’autorità locale in uno Stato membro, qualora, se il giudice di un altro Stato membro si dichiara competente, si renda necessario l’avvio di un procedimento distinto su iniziativa di un organo differente ai sensi di un ordinamento nazionale diverso, ed eventualmente, se non probabilmente, vertente su circostanze di fatto diverse.

2) In caso affermativo, in che misura, eventualmente, un organo giurisdizionale dovrebbe tenere conto del verosimile impatto di una domanda ai sensi dell’articolo 15, se accolta, sulla libera circolazione dei soggetti interessati.

3) Qualora l’“interesse superiore del minore”, di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, si riferisca unicamente alla decisione relativa al foro competente, quali fattori relativi a tale nozione un organo giurisdizionale possa prendere in considerazione, che non siano già stati esaminati al fine di stabilire se un altro giudice sia “più adatto”.

4) Se un giudice, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003, possa prendere in considerazione il diritto sostanziale, le norme procedurali o la prassi giurisprudenziale dello Stato membro di cui trattasi.

5) In che misura un giudice nazionale, ai fini dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003, dovrebbe tenere conto delle circostanze specifiche della fattispecie, ivi compresa l’intenzione della madre di sottrarsi ai servizi sociali del suo Stato di residenza, e quindi di dare alla luce il figlio in un altro paese con un sistema di servizi sociali che considera a lei più favorevoli.

6) Quali siano precisamente gli elementi che un organo giurisdizionale nazionale deve prendere in considerazione per stabilire quale giudice sia il più adatto a esaminare il caso».

Procedimento dinanzi alla Corte

22 Il giudice del rinvio ha chiesto che la causa beneficiasse del procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

23 Il 14 agosto 2015, la Corte ha deciso, dopo aver sentito l’avvocato generale, di non accogliere tale domanda, dopo aver rilevato che le circostanze esposte a supporto della stessa non dimostravano l’urgenza richiesta per giustificare l’applicazione di detto procedimento.

24 È stato disposto, tuttavia, che detta causa fosse decisa in via prioritaria, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

Sulle domande di riapertura della fase orale

25 In seguito alla presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale il 16 giugno 2016, l’Agenzia e l’Irlanda hanno chiesto, con atti depositati presso la cancelleria della Corte, rispettivamente, il 5 ed il 19 agosto 2016, che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento, facendo valere la necessità di chiarire la presentazione del quadro procedurale della controversia oggetto del procedimento principale, come effettuata dal giudice del rinvio.

26 A tal riguardo, l’articolo 83 del regolamento di procedura prevede che la Corte possa, sentito l’avvocato generale, disporre in qualsiasi momento la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se non si ritiene sufficientemente edotta.

27 Nel caso di specie, la Corte, sentito l’avvocato generale, si ritiene tuttavia sufficientemente edotta, dato che gli elementi necessari ai fini della decisione sono presenti nel fascicolo e che gli interessati hanno potuto prendere posizione al riguardo sia per iscritto che oralmente. Non occorre, pertanto, disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

28 Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che si applica in presenza di un ricorso in materia di tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla competente autorità di uno Stato membro, come nel procedimento principale, qualora la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessiti, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale altro Stato membro, ai sensi del suo diritto interno e alla luce di circostanze di fatto eventualmente diverse, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro.

29 Innanzitutto, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 rientra nella sezione 2 del capo II di detto regolamento, il quale stabilisce un insieme di regole di competenza nelle cause in materia di responsabilità genitoriale, e, dall’altro, che tale articolo prevede una regola di competenza specifica e derogatoria alla regola di competenza generale che designa le autorità giurisdizionali del luogo di residenza abituale del minore come giudici competenti a conoscere del merito di tali casi, enunciata all’articolo 8 del medesimo regolamento.

30 Tenuto conto dell’impianto sistematico della sezione 2 del capo II del regolamento n. 2201/2003 e della posizione occupata dall’articolo 15, si deve considerare che l’ambito di applicazione materiale di tale articolo è lo stesso di quello di tutte le regole di competenza enunciate in detta sezione e, in particolare, dell’articolo 8 di detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 2015, P, C‑455/15 PPU, EU:C:2015:763, punto 44).

31 A tal riguardo, è vero che dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 2201/2003 risulta che tali regole di competenza si applicano alle «materie civili» relative all’attribuzione, all’esercizio, alla delega ed alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale, come definita all’articolo 2, punto 7, del medesimo regolamento.

32 Tuttavia, la Corte ha già dichiarato, a più riprese, che le regole di competenza previste dal regolamento n. 2201/2003 in materia di responsabilità genitoriale devono essere interpretate, alla luce del considerando 5 di tale regolamento, nel senso che si applicano a cause in materia di responsabilità genitoriale aventi ad oggetto misure di protezione del minore, anche nel caso in cui queste ultime siano considerate, ai sensi dell’ordinamento interno di uno Stato membro, rientranti nel diritto pubblico (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2007, C, C‑435/06, EU:C:2007:714, punti 34 e da 50 a 51; del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 24 e da 27 a 29, nonché del 26 aprile 2012, Health Service Executive, C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punti 60 e 61).

33 Da quanto precede deriva che l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 si applica nel caso di un ricorso in materia di tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla competente autorità di uno Stato membro e avente ad oggetto l’adozione di misure relative alla responsabilità genitoriale.

34 Inoltre, riguardo alla questione se l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 possa essere applicato nel caso in cui la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessiti, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale altro Stato membro, ai sensi del suo diritto interno e alla luce di circostanze di fatto eventualmente diverse, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro, occorre sottolineare che dal paragrafo 1 di detto articolo risulta che una dichiarazione di questo tipo è subordinata alla condizione che l’organo giurisdizionale di cui trattasi sia stato adito con una domanda presentata o dalle parti in causa o dal giudice competente di tale primo Stato membro.

35 Per contro, non risulta né da tale articolo né da alcun altro articolo del regolamento n. 2201/2003 che una siffatta domanda, presentata dalle parti in causa o dal giudice di uno Stato membro di norma competente, sia soggetta a una condizione procedurale che si aggiunga a quella indicata al punto precedente.

36 Ciò posto, dato che una norma di procedura nazionale secondo cui la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessita, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale Stato membro, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro, può essere messa in atto solo in seguito alla decisione con cui il giudice di tale primo Stato membro di norma competente ha chiesto il trasferimento del caso a un organo giurisdizionale di un altro Stato membro in applicazione del paragrafo 1 dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 e alla decisione mediante cui quest’altro organo giurisdizionale si è dichiarato competente sulla base del paragrafo 5 del medesimo articolo, essa non può ritenersi ostativa all’adozione di tali decisioni.

37 Inoltre, l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 non osta a che l’avvio di un procedimento distinto da parte dell’autorità dell’altro Stato membro induca, eventualmente, l’organo giurisdizionale di tale altro Stato membro a tenere conto di circostanze di fatto diverse da quelle che avrebbero potuto essere considerate dal giudice inizialmente competente. Al contrario, una simile ipotesi attiene al meccanismo di trasferimento a un organo giurisdizionale più adatto istituito da tale articolo.

38 Per i suddetti motivi, alla prima questione occorre rispondere che l’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che si applica in presenza di un ricorso in materia di tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla competente autorità di uno Stato membro e avente ad oggetto l’adozione di misure relative alla responsabilità genitoriale, come quello di cui al procedimento principale, qualora la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessiti, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale altro Stato membro, ai sensi del suo diritto interno e alla luce di circostanze di fatto eventualmente diverse, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro.

Sulle terza, sulla quarta e sulla sesta questione

39 Con la terza, la quarta e la sesta questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza come interpretare e articolare le nozioni di autorità giurisdizionale «più adatta» e di «interesse superiore del minore» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003.

40 L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 prevede che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito di un caso possono chiedere il trasferimento di tale caso o di una sua parte specifica a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare, ove ritengano che quest’ultima sia più adatta a trattarla e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore.

41 Poiché le nozioni di autorità giurisdizionale «più adatta» e di «interesse superiore del minore» ai sensi di tale disposizione non sono definite da alcun’altra disposizione del regolamento n. 2201/2003, occorre interpretarle tenendo conto del contesto nel quale si collocano e degli obiettivi perseguiti da detto regolamento.

42 Si deve preliminarmente osservare che, a termini del considerando 12 del regolamento n. 2201/2003, le regole di competenza dettate da quest’ultimo in materia di responsabilità genitoriale sono ispirate all’interesse superiore del minore.

43 La necessità che il trasferimento di un caso a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro corrisponda all’interesse superiore del minore costituisce, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, un’espressione del principio cardine su cui, da un lato, si è basato il legislatore nella concezione di tale regolamento e che, dall’altro, deve guidare la sua attuazione nelle cause in materia di responsabilità genitoriale ad esso assoggettate (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2008, Rinau, C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 51; del 1° ottobre 2014, E., C‑436/13, EU:C:2014:2246, punto 45, e del 12 novembre 2014, L, C‑656/13, EU:C:2014:2364, punto 48).

44 A tal riguardo, si deve altresì rilevare che, nel contesto del regolamento n. 2201/2003, la considerazione dell’interesse superiore del minore è volta a garantire il rispetto dei diritti fondamentali del bambino, come si evince dal considerando 33 di tale regolamento (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punti da 53 a 55, e del 5 ottobre 2010, McB., C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 60).

45 Al fine di garantire che sia preso in considerazione l’interesse superiore del minore in sede di attuazione delle regole di competenza sancite dal regolamento n. 2201/2003 in materia di responsabilità genitoriale, il legislatore dell’Unione si è avvalso, come risulta dal considerando 12 di tale regolamento, del criterio di vicinanza.

46 In forza di tale criterio, la competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri in materia di responsabilità genitoriale è di norma determinata, conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, dal luogo di residenza abituale del minore alla data in cui esse sono adite.

47 Tuttavia, l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 consente il trasferimento di un determinato caso a un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro diverso da quello a cui appartiene l’autorità giurisdizionale di norma competente, fermo restando che, come risulta dal considerando 13 del medesimo regolamento, un siffatto trasferimento deve rispondere a condizioni specifiche, da un lato, e può avvenire solo in casi eccezionali, dall’altro.

48 Pertanto, la regola del trasferimento a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sancita all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 costituisce una regola di competenza speciale e derogatoria rispetto a quella di competenza generale enunciata all’articolo 8, paragrafo 1, di tale regolamento, cosicché essa dev’essere interpretata restrittivamente (v., per analogia, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 38, e del 21 ottobre 2015, Gogova, C‑215/15, EU:C:2015:710, punto 41).

49 Ciò posto, l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 dev’essere interpretato nel senso che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro normalmente competente a conoscere di una controversia deve, per poter chiederne il trasferimento a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, riuscire a contrastare la forte presunzione in favore del mantenimento della propria competenza derivante da tale regolamento, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni.

50 Più in particolare, occorre ricordare, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, il trasferimento di un caso in materia di responsabilità genitoriale, da parte di un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, può essere effettuato unicamente in favore di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore interessato abbia un «legame particolare».

51 Al fine di dimostrare la sussistenza di un siffatto legame in un determinato caso, occorre fare riferimento agli elementi elencati, in modo tassativo, all’articolo 15, paragrafo 3, lettere da a) ad e), del regolamento n. 2201/2003. Ne consegue che i casi privi di tali elementi devono essere ab origine esclusi dal meccanismo di trasferimento.

52 Ebbene, si deve constatare che tali elementi attestano tutti – se non in modo esplicito, quantomeno dal punto di vista sostanziale – una vicinanza tra il minore interessato dal caso e uno Stato membro diverso da quello cui appartiene l’autorità giurisdizionale competente a conoscere dello stesso sulla base dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale regolamento.

53 Infatti, i primi due elementi riguardano la residenza acquisita dal minore nell’altro Stato membro interessato anteriormente o successivamente all’adizione dell’autorità giurisdizionale di norma competente. Il terzo elemento riguarda la cittadinanza di tale minore. Il quarto elemento fa derivare, nei casi pertinenti, il legame di detto minore con l’altro Stato membro in ragione dei beni che questi detiene nel suo territorio. Infine, il quinto elemento verte sul legame di vicinanza che il minore ha con un determinato Stato a motivo dei suoi parenti.

54 Alla luce della natura dei suddetti elementi, si deve osservare che, in sede di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 a un determinato caso, l’autorità giurisdizionale competente deve comparare l’entità e l’intensità del legame di vicinanza «generale» che lo connette al minore interessato, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, di detto regolamento, con quelle del legame di vicinanza «particolare» attestato da uno o più degli elementi enunciati all’articolo 15, paragrafo 3, di tale regolamento e sussistenti, nel caso di specie, tra tale minore e determinati altri Stati membri.

55 Ciò posto, l’esistenza di un «legame particolare» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, pertinente alla luce delle circostanze del caso, tra il minore e un altro Stato membro non pregiudica necessariamente, di per sé, la questione relativa a se, oltre a ciò, un’autorità giurisdizionale di detto altro Stato membro sia «più adatta a trattare il caso» rispetto al giudice competente, ai sensi di tale disposizione, né tantomeno, in senso affermativo, la questione se il trasferimento del caso a tale autorità giurisdizionale corrisponda all’interesse superiore del minore.

56 Pertanto, spetta in secondo luogo ancora all’autorità giurisdizionale competente stabilire se, all’interno dell’altro Stato membro con cui il minore detiene un legame particolare, esista un’autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso.

57 A tal fine, il giudice competente deve stabilire se il trasferimento del caso a tale altra autorità giurisdizionale sia idoneo ad apportare un valore aggiunto reale e concreto, per quanto riguarda l’adozione di una decisione riguardante il minore, rispetto all’ipotesi del suo mantenimento davanti ad esso. In tale contesto può tenere conto, fra gli altri elementi, delle norme di procedura dell’altro Stato membro, come quelle applicabili alla raccolta delle prove necessarie al trattamento del caso. Per contro, il giudice competente non dovrebbe prendere in considerazione, ai fini di una tale valutazione, il diritto sostanziale di detto altro Stato membro che sarebbe eventualmente applicabile da parte dell’autorità giurisdizionale di quest’ultimo, nell’ipotesi in cui il caso le fosse trasferito. Infatti, una considerazione siffatta contrasterebbe con i principi della fiducia reciproca tra Stati membri e del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie sui quali si basa il regolamento n. 2201/2003 (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 45, nonché del 15 luglio 2010, Purrucker, C‑256/09, EU:C:2010:437, punti 70 e 71).

58 In terzo e ultimo luogo, la necessità che il trasferimento corrisponda all’interesse superiore del minore implica che il giudice competente si accerti, alla luce delle circostanze concrete del caso, che il trasferimento da esso previsto in favore di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore interessato.

59 A tal fine, il giudice competente deve valutare l’eventuale incidenza negativa che un simile trasferimento potrebbe avere sui rapporti affettivi, familiari e sociali del minore interessato dal caso o sulla situazione materiale di quest’ultimo.

60 In tale contesto, il giudice competente può altresì decidere, sulla base dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, di chiedere il trasferimento non già dell’intero caso ma soltanto di una parte specifica del medesimo, qualora ciò sia giustificato dalle circostanze che lo caratterizzano. Una simile facoltà può, in particolare, essere contemplata ove il legame di vicinanza con un altro Stato membro non riguardi direttamente il minore in quanto tale, bensì uno dei titolari della responsabilità genitoriale, per il motivo enunciato all’articolo 15, paragrafo 3, lettera d), del regolamento n. 2201/2003.

61 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre risolvere la terza, la quarta e la sesta questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che:

– per poter stabilire che un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore ha un legame particolare è più adatta, il giudice competente di uno Stato membro deve accertarsi che il trasferimento del caso a detta autorità giurisdizionale sia idoneo ad apportare un valore aggiunto reale e concreto al trattamento dello stesso, in particolare tenendo conto delle norme di procedura applicabili in detto altro Stato membro;

– per poter stabilire che un siffatto trasferimento corrisponde all’interesse superiore del minore, il giudice competente di uno Stato membro deve in particolare accertarsi che tale trasferimento non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore.

Sulla seconda e sulla quinta questione

62 Con la seconda e la quinta questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 debba essere interpretato nel senso che il giudice competente di uno Stato membro deve tenere conto, in sede di attuazione di tale disposizione in un determinato caso in materia di responsabilità genitoriale, dell’incidenza di un possibile trasferimento di tale caso a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sul diritto di libera circolazione delle persone interessate o del motivo per il quale la madre del minore interessato si sia avvalsa di questo diritto, prima che detto giudice fosse adito.

63 A tal riguardo, si deve ricordare che, come osservato al punto 42 della presente sentenza, la prescrizione prevista all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 è ispirata, analogamente alle altre regole di competenza previste da tale regolamento in materia di responsabilità genitoriale, all’interesse superiore del minore, e che la questione relativa a se, in un caso determinato, il trasferimento del caso corrisponda a detto interesse superiore implica in particolare, come osservato al punto 58 della presente sentenza, la verifica che un tale trasferimento non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore interessato.

64 Ne deriva che il rischio di ripercussioni negative di un possibile trasferimento del caso sul diritto di libera circolazione del minore interessato fa parte degli elementi che devono essere presi in considerazione in sede di attuazione dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003.

65 Per contro, le considerazioni relative ad altre persone interessate dal caso non sono destinate, in via di principio, a essere prese in considerazione, salvo che siano anch’esse rilevanti al fine di valutare il suddetto rischio per il minore.

66 Di conseguenza, l’eventuale incidenza di un siffatto trasferimento sul diritto alla libera circolazione delle altre persone interessate, ivi inclusa la madre del minore di cui trattasi, non può essere presa in considerazione dal giudice competente, salvo che sia tale da ripercuotersi in modo negativo sulla situazione di tale minore. Lo stesso vale per il motivo per il quale la madre del minore si è avvalsa del suo diritto di libera circolazione prima che fosse adito il giudice competente.

67 Alla seconda e alla quinta questione occorre pertanto rispondere che l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che il giudice competente di uno Stato membro non deve tenere conto, in sede di attuazione di tale disposizione in un determinato caso in materia di responsabilità genitoriale, né dell’incidenza di un possibile trasferimento di detto caso a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sul diritto di libera circolazione delle persone interessate diverse dal minore interessato, né del motivo per il quale la madre di tale minore si è avvalsa di tale diritto, prima che detto giudice fosse adito, salvo che considerazioni di questo tipo siano tali da ripercuotersi in modo negativo sulla situazione di tale minore.

Sulle spese

68 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1) L’articolo 15 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che si applica in presenza di un ricorso in materia di tutela dei minori presentato sulla base del diritto pubblico dalla competente autorità di uno Stato membro e avente ad oggetto l’adozione di misure relative alla responsabilità genitoriale, come quello di cui al procedimento principale, qualora la dichiarazione di competenza di un organo giurisdizionale di un altro Stato membro necessiti, a valle, dell’avvio, da parte di un’autorità di tale altro Stato membro, ai sensi del suo diritto interno e alla luce di circostanze di fatto eventualmente diverse, di un procedimento distinto da quello avviato nel primo Stato membro.

2) L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che:

– per poter stabilire che un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore ha un legame particolare è più adatta, il giudice competente di uno Stato membro deve accertarsi che il trasferimento del caso a detta autorità giurisdizionale sia idoneo ad apportare un valore aggiunto reale e concreto al trattamento dello stesso, in particolare tenendo conto delle norme di procedura applicabili in detto altro Stato membro;

– per poter stabilire che un siffatto trasferimento corrisponde all’interesse superiore del minore, il giudice competente di uno Stato membro deve in particolare accertarsi che tale trasferimento non rischi di ripercuotersi negativamente sulla situazione del minore.

3) L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che il giudice competente di uno Stato membro non deve tenere conto, in sede di attuazione di tale disposizione in un determinato caso in materia di responsabilità genitoriale, né dell’incidenza di un possibile trasferimento di detto caso a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sul diritto di libera circolazione delle persone interessate diverse dal minore interessato, né del motivo per il quale la madre di tale minore si è avvalsa di tale diritto, prima che detto giudice fosse adito, salvo che considerazioni di questo tipo siano tali da ripercuotersi in modo negativo sulla situazione di tale minore.

Firme




Riforma giustizia – l’UNCM pone le osservazioni al DDL S. 2284

All’Udizione al Senato cui ha preso parte anche il presidente della Camera per i Minori di Salerno, Avv. Laura Landi, ai fini di una riforma della giurisdizione della persona e delle relazioni, l’Unione Nazionale Camere Minorili ritiene irrinunciabili e fondanti i principi di unitarietà, specializzazione, multidisciplinarietà, prossimità e formazione.

In tale prospettiva, l’UNCM, con in capo il Presidente Avv. Rita Perchiazzi, pur senza abbandonare le proprie tradizionali posizioni, ha elaborato una proposta di riforma che mira a superare la frammentarietà delle competenze, nel rispetto dei principi innanzi indicati. La proposta è frutto di un lavoro svolto sotto l’egida della Commissione Famiglia del Consiglio Nazionale Forense, all’esito del quale tutte le associazioni forensi maggiormente rappresentative e specialistiche in materia di minori e famiglia sono riuscite a convergere, salvo alcune precisazioni, su una proposta unitaria e condivisa. L’UNCM ha, in particolare, richiamato l’attenzione sulla necessità di salvaguardare l’attuale strutturazione del processo penale minorile, in forma separata e specializzata rispetto alla funzione penale ordinaria, e sulla necessità di prevedere una procura della repubblica dedicata, a servizio dell’istituenda autorità giurisdizionale. Ha sottolineato, tra l’altro, la necessità di assicurare la presenza della componente onoraria nei procedimenti più sensibili.

Pertanto, nel ribadire l’auspicio di una maggiore riflessione sul tema, l’UNCM ritiene che i principi primari innanzi richiamati possano essere comunque tutelati con un modello che si ispiri al sistema del giudice di sorveglianza penale, come indicato nel documento presentato alla Commissione Giustizia del Senato nel corso dell’audizione svoltasi l’11 gennaio 2017 e che di seguito si allega.

vai al documento audizione dell’Unione Nazionale Camere Minorili




Formazione in Diritto di Famiglia nell’Unione Europea

 


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FINALITÀ del CORSO

Al giorno d’oggi, l’esigenza di affrontare, con adeguata conoscenza
normativa e giurisprudenziale, la gestione delle vicende tra coppie
di diversa nazionalità, rappresenta una priorità ineludibile.
Il percorso formativo affidato alla prof.ssa Talitha Vassalli Di Dachenhausen,
Ordinario di Diritto Internazionale dell’Università di Napoli
– di rinomata esperienza in materia – si propone di fornire gli strumenti
tecnico-giuridici per gestire i conflitti familiari all’interno dell’Unione Europea.

Il corso ha un’impostazione universitaria, con lezioni frontali, a cura della prof.ssa Vassalli
in sinergia con il gruppo di studio del Settore di Diritto Internazionale dell’U.N.C.M.,
di cui è Responsabile l’avv. Grazia Cesaro che collaborerà alla raccolta giurisprudenziale
con aggiornamento non solo delle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea,
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma anche delle sentenze nazionali
di recepimento delle normative internazionali.

Inoltre è previsto un laboratorio di studio e simulazioni dei casi, a cura di un gruppo di studiosi
dell’Università di Salerno (Prof. Francesco Buonomenna – Prof.ssa Rossana Palladino – Dott.ssa Angela Martone)
sotto la supervisione scientifica della prof.ssa Angela Di Stasi,
Ordinario di Diritto dell’Unione Europea dell’Università degli Studi di Salerno.

Avv. Laura Landi
(Presidente della Camera per i Minori di Salerno)

 

DOVE e QUANDO

Le lezioni settimanali si terranno
nella sala multimediale
dell’I.P.S.E.O.A. “Roberto Virtuoso
in via Calenda n.6 di Salerno

Il sabato dalle 9:00 alle 13:00
a partire dal 15 ottobre 2016

 

CREDITI FORMATIVI

L’Ordine degli Avvocati di Salerno ha riconosciuto 3 crediti formativi a modulo mentre è in corso l’accreditamento presso l’Ordine degli Assistenti Sociali.

ISCRIZIONI

Fino ad un massimo di 70 iscritti

TERMINE ISCRIZIONE

10 ottobre 2016

CONTRIBUTO D’ISCRIZIONE

E’ previsto un contributo spese di € 150.00

AGEVOLAZIONI

per gli iscritti alla Camera per i Minori di Salerno € 50,00
per gli Assistenti Sociali € 70,00

NOTE

Il calendario del corso pur assicurando lo svolgimento
delle lezioni di sabato mattina, potrebbe subire
minime variazioni di trattazione degli argomenti.

Organizzazione di supporto:

Laura Landi – Giuliana Cappuccio – Francesco Dipino –
Mariella Maniglia – Andreana Mutalipassi –
Carmela Penna – Maria Pia Perisano.

INFO

Avv. Mutalipassi 334 597 8565

 

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Formazione in Diritto di Famiglia nell’Unione Europea – Programma

 

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IL PROGRAMMA DEL CORSO

All’evento inaugurale del 15 ottobre 2016 parteciperanno
La prof.ssa Angela Di Stasi
Ordinario di Diritto dell’Unione Europea dell’Università degli Studi di Salerno
L’avv. Grazia Cesaro
Responsabile del Settore Internazionale dell’Unione Nazionale delle Camere Minorili
Il prof. Gianfranco Casaburi
Dirigente dell’I.P.S.E.O.A. “Roberto Virtuoso” di Salerno

Saluti dell’Avv. Americo Montera
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Salerno


15 ottobre 2016

INTRODUZIONE
Legge n. 218/ 1995 di riforma del diritto internazionale privato
Convenzioni internazionali e Regolamenti UE

22 ottobre 2016
COMPETENZA GIURISDIZIONALE
RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DELLE DECISIONI
IN MATERIA  
CIVILE E COMMERCIALE

Reg. 12 Dicembre 2012 n. 1215/2012 (Bruxelles I Bis)

29 ottobre 2016
DIRITTO DI FAMIGLIA – RESPONSABILITÀ GENITORIALE – SOTTRAZIONE INTERNAZIONALE DEI MINORI
Reg. 27 Novembre 2003 n. 2201 /2003 (Bruxelles II Bis)
Analisi del caso giurisprudenziale a cura della dott.ssa Angela Martone

5 novembre 2016
DIVORZIO E SEPARAZIONE
Reg. 20 Dicembre 2010 n. 1259/2010 (Roma III)

12 novembre 2016
OBBLIGHI ALIMENTARI
Reg. 18 Dicembre 2008 n. 4/2009
Analisi del caso giurisprudenziale a cura della prof Rossana Palladino

19 novembre 2016
REGOLAMENTI 24 GIUGNO 2016
– sui regimi patrimoniali patrimoniali tra i coniugi
– sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate

26 novembre 2016
SUCCESSIONI DI TRANSFRONTALIERE
Reg. 4 Luglio 2012 n.650/2012
ED ALTRI REGOLAMENTI RILEVANTI:
Obbligazioni contrattuali
Rego. 17 Giugno 2008 n. 593/2008 (Roma I)
Titolo esecutivo
Reg. 21 Aprile 2004 n. 805/2004
Ingiunzione di pagamento
Reg. 12 Dicembre 2006 n. 1896/2006
Analisi del caso giurisprudenziale a cura del prof. Francesco Buonomenna

3 dicembre 2016
COOPERAZIONE GIUDIZIARIA IN MATERIA CIVILE:

Assunzione delle prove
Reg. 28 Maggio 2001 n. 1206/2001
Notificazione negli Stati membri
Reg. 13 Novembre 2007 n. 1393/2007

17 dicembre 2016
CENNI SULLA TUTELA DEI MINORI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E ADOZIONE
Convenzione dell’Aja del 29.05.1993 in materia di adozione internazionale
Convenzione sulla protezione dei minori del 19.10.1996

NOTE: Qualora la trattazione degli argomenti lo richieda, sarà organizzato un ulteriore incontro, nei tempi e luoghi da concordare.

 

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Inammissibile il ricorso al giudice per questioni di microconflittualità

 

Il presupposto per l’attivazione dell’intervento del giudice è che il mancato accordo tra i genitori sia insuperabile e che il contrasto costituisca un blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita del soggetto minore determinando un pregiudizio dei suoi interessi (Trib. Milano, sez. IX civ., 5 dicembre 2012).

Quindi, la procedura di cui all’art. 709 ter c.p.c. non è accessibile per dirimere ogni scontro genitoriale ma limitatamente agli “affari essenziali” del minore ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale (Trib. Milano, sez. IX, 7 luglio 2015).

TRIBUNALE MILANO

SEZIONE IX CIVILE 

Ordinanza 23 marzo 2016 (est. G. Buffone)

Osserva

In fatto. Le parti hanno contratto matrimonio in data ….. e sono genitori di …., nata … 2012 e, dunque, in tenerissima età. Pende presso questo ufficio, giudizio di separazione giudiziale. La prima udienza (presidenziale) è stata tenuta in data …febbraio 2015.
Dall’udienza presidenziale, ad oggi, sono già stati emessi sette provvedimenti, sia del Presidente f.f. che del giudice istruttore. Sempre nell’arco di questo limitato periodo, sono intervenuti i Servizi Sociali e una consulenza tecnica d’ufficio, i cui lavori sono in corso. Sono state celebrate sei udienze. In data 11 marzo 2016, sono stati pronunciati i provvedimenti provvisori urgenti ex art. 708 c.p.c. La trama argomentativa dell’ordinanza ex art. 708 c.p.c. ha messo in evidenza una gravissima, patologica e allo stato insanabile conflittualità dei genitori caratterizzata, tra l’altro, dal mancato rispetto dei provvedimenti giurisdizionali, dall’inadempimento delle parti agli obblighi a diverso titolo sanciti ex lege o per provvedimento del giudice (ad es., già quanto al padre, l’obbligo del mantenimento della figlia). Sin dalla data del 10 luglio 2015, la figlia della coppia è stata affidata al Comune di residenza, ex art. 333 c.c., con suo prevalente collocamento presso la madre. L’affidamento all’ente terzo non è venuto meno nel tempo e, anzi, è stato rafforzato con la cennata ordinanza dell’11 marzo 2016 che ha anche dato mandato ai Servizi Sociali di iniziare a valutare un collocamento protettivo della bimba, in famiglia ospitante o comunità. Con i provvedimenti provvisori, ancora per quanto qui interessa, il giudice ha regolato i tempi di frequentazione tra minore e genitori. Al capo IV, lettera d) del dispositivo (di particolare dettaglio, per prevenire litigiosità) il Presidente f.f. ha previsto quanto segue: «Festività pasquali. Con il criterio dell’alternanza, l’intero periodo delle festività pasquali con il padre e con la madre. Per l’anno 2016, il padre terrà la figlia con sé per le festività pasquali, fermo il criterio dell’alternanza per gli anni successivi». In data 22 marzo 2016, la difesa della madre ha presentato “istanza urgente” richiedendo quanto segue: «voglia l’Ill.mo Giudice chiarire e specificare cosa occorra intendere per “festività pasquali”, in particolare se da intendersi dalla domenica di Pasqua alla sera del lunedì dell’Angelo e a che ora il prelievo ed il successivo riaccompagno della bambina e l’esatto luogo di prelievo e di riaccompagno».

In Diritto. Ammissibilità dell’istanza.
L’istanza è palesemente inammissibile e della inammissibilità dovrà tenersi conto anche ai fini del patrocinio a spese dello Stato, di cui sta beneficiando la parte attrice. La ricorrente non qualifica la propria istanza e, dunque, non individua la norma da cui discenderebbe il potere del giudice di intervenire in simile questione. D’altro canto, con uno sforzo interpretativo e di qualificazione, il Tribunale colloca la richiesta nell’ambito dell’art. 709-ter c.p.c. (potere di intervento per risolvere le controversie genitoriali). Così stando le cose, non è predicabile una competenza della giurisdizione adita. Questo Tribunale, con giurisprudenza consolidata, ha ripetutamente affermato quanto segue. La massiccia ingerenza voluta dal legislatore con l’innesto nel codice di rito dell’art. 709-ter c.p.c. presuppone, per potersi considerare legittima e in reale sintonia con gli obiettivi segnati dall’impianto normativo, che il mancato perfezionamento dell’accordo tra i genitori esercenti la responsabilità genitoriale sia accertato come insuperabile e che lo stesso integri, attraverso un significativo blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita del soggetto minore, un consistente pregiudizio dei suoi più pregnanti interessi. Diversamente opinando, in presenza di una forte difformità di vedute e di orientamenti educativi tra i genitori – difformità affatto rara ove si verta in vicende separative o divorzili connotate da accesa conflittualità interpersonale, nelle quali spesso si verifica l’incapacità delle parti di scindere la compromessa relazione di coppia dai profili di gestione del compito genitoriale – si avrebbe quale effetto che l’esercizio della responsabilità genitoriale, e proprio con riguardo alle questioni di maggior rilievo, finirebbe per concentrarsi sulla figura istituzionale del Giudice, con conseguente sostanziale svuotamento dello stesso esercizio da parte dei titolari della potestà medesima e accumulo di responsabilità in capo all’organo giudiziario. Di conseguenza, la pur prevista ingerenza giurisdizionale è da intendersi quale estremo rimedio nell’interesse della prole minore, quanto a dire come intervento del tutto residuale per i casi nei quali qualsiasi tentativo di accordo tra i genitori sia definitivamente accertato come infruttuoso e, inoltre, tale disaccordo sia destinato a ripercuotersi sul minore in termini di serio, oggettivo ed altrimenti inemendabile pregiudizio (Trib. Milano, sez. IX civ., decreto 5 dicembre 2012, Pres. Servetti, est. Blandini). 

In ogni caso, l’accesso al modulo risolutivo di cui all’art. 709-ter c.p.c. non è consentito al cospetto di qualsivoglia scontro genitoriale ma limitatamente agli “affari essenziali” del minore ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale (Trib. Milano, sez. IX, 7 luglio 2015); quanto a dire, per risolvere problemi di macro-conflittualità non essendo ipotizzabile un intervento del giudice per problemi di micro-conflittualità. In altri termini, non è dato ricorso al giudice per dirimere controversie aventi ad oggetto (guardando ai casi decisi in modo analogo), a titolo di esempio, “il taglio dei capelli del minore”, “la possibilità per un genitore di delegare un parente per prelevare il figlio da scuola”, “l’acquisto di un tipo di vestito piuttosto che un altro” e, così, la specificazione di dati di estremo dettaglio in ordine ai tempi di frequentazione. L’odierna controversia – cosa debba intendersi per “festività pasquali” – rientra nell’ambito di quei litigi, sintomo di patologica conflittualità – per cui non è dato ricorso all’art. 709-ter c.p.c. La richiesta è dunque inammissibile.

In Diritto. Problema sostanziale oggetto della controversia.
L’inammissibilità dell’istanza non pregiudica il minore. Al cospetto di una conflittualità patologica che travolge finanche aspetti per i quali non è dato ricorso al giudice, il tribunale, attestata la inidoneità di padre e madre a svolgere il ruolo genitoriale, deve apporre limiti ex art. 333 c.c. alla loro responsabilità genitoriale, delegando il Comune di residenza per svolgere le funzioni di rappresentanza del fanciullo in loro vece; in caso di micro-conflittualità, ciascuno dei genitori, ben può rivolgersi in tal modo all’ente affidatario che può indirizzare i coniugi verso uno dei servizi loro messi a disposizione (mediazione familiare, sostegno psicologico, supporto terapeutico, etc.).

In Diritto. Problema sostanziale oggetto della controversia.
Inesistenza della materia del contendere. Nel caso concreto, tuttavia, occorre rilevare come la richiesta “urgente” sia, in realtà, fondata sulla omessa corretta valutazione del problema. Come è ben noto, le festività nazionali sono individuate direttamente dalla Legge e, per quanto qui interessa, per festività pasquali (cd. feste mobili) si intende, ex lege, il giorno della domenica (pasquale) e il giorno di lunedì dopo Pasqua, individuate per ciascun calendario annuale. Sfugge alla richiedente, in tal senso, l’art. 2 della legge 27 maggio 1949 n. 260 (disposizioni in materia di ricorrente festive) ove sono espressamente individuate le festività nazionali e, in particolare, i giorni di festa per la Pasqua. Sempre la legislazione prevede che la festività nazionale occupi il completo orario del giorno (da qui il diritto del genitore a cui compete la festività, di prelevare i figli sin dal mattino). Ne consegue che nessun intervento del giudice è ammesso ove è la legge (che, giova ricordare, le parti e soprattutto i difensori hanno l’obbligo di conoscere) a prevedere espressamente una soluzione esplicita al cospetto di dubbi interpretativi. Sotto tale aspetto non può non sottolinearsi la pretestuosità del conflitto tra i genitori. E’ opportuno ricordare che la conflittualità patologica dei genitori, ove consapevolmente coltivata in spregio alle misure giurisdizionali poste in essere dal giudice civile, è idonea a costituire in astratto notizia di reato, relativamente alla fattispecie di cui all’art. 572 c.p., ai danni del minore coinvolto. Su questo va fatta sin da ora ogni riserva riguardo alle comunicazioni all’ufficio di Procura. Si rendono, poi, necessarie delle ulteriori precisazioni, per il fatto che la controversie qui sub iudice sia riuscita a pervenire al Tribunale, non incontrando alcun filtro di contenimento.

In Diritto. Ruolo dell’Avvocato nei processi in cui coinvolti minori.
Al cospetto di una litigiosità esasperata dei genitori, avente ad oggetto finanche una res litigiosa inesistente e frutto, dunque, del solo desiderio di creare nuove occasioni di scontro, ove soprattutto si tratti di micro-conflittualità, gli Avvocati del processo hanno non solo il dovere ma invero l’obbligo di svolgere un ruolo “protettivo” del minore, arginando il conflitto invece che alimentarlo. Ciò alla luce di una interpretazione sistematica ed evolutiva dell’Ordinamento vigente, come risultante per effetto delle normative sopravvenute nel tempo. Giova muovere dalla primaria considerazione che l’Avvocato svolge un servizio di pubblica necessità (art. 359 c.p.) ed opera nel contesto di un ordinamento (quello forense) la cui primaria funzione è quella di «garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi» sui quali incide la sua attività (art. 1, comma II, lett. a, legge 31 dicembre 2012 n. 247) assicurando, dunque, anche la realizzazione di interessi pubblici primari. Al lume della nuova legge professionale, l’Avvocato è esso stesso parte del servizio pubblico di Giustizia, onerato del dovere di proteggere anche gli interessi pubblici che “incontra” in occasione del processo cui prende parte. Nella doverosa rappresentanza degli interessi egoistici difesi deve, dunque, anche farsi carico di assistere e presidiare gli “interessi altri” coinvolti, nei casi in cui l’Ordinamento gli affidi questo ruolo e questa responsabilità. Lo testimonia espressamente il nuovo codice deontologico forense ove, proprio all’art. 1, è previsto che l’Avvocato «vigila sulla conformità della legge ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea sul rispetto del medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». In alcuni settori in particolare, l’Avvocato diventa, dunque, esso stesso uno strumento di tutela degli interessi prioritari in gioco senza che ciò comporti una rinuncia al suo suolo di “parte del processo”. Con specifico riguardo al procedimento in cui coinvolti minori, è sempre il Codice Deontologico forense a delineare una funzione del difensore di tipo protettivo. Giova ricordare, ad esempio come l’Avvocato non possa ascoltare il minore di età o avere con questi colloqui sulle circostanze oggetto di controversie genitoriali (art. 56). Nel processo in cui è coinvolto il minore, come noto, questi assume la qualifica di parte “sostanziale” del processo (Cass. Civ., Sez. Un., 2238 del 2009; Corte Cost. n. 83 del 2011): ebbene, l’Avvocato non assiste mai uno dei genitori “contro” il minore ma, semmai, in favore e nell’interesse “del minore”. Il minore, dunque, non è un “antagonista” processuale né rispetto all’attore, né rispetto al convenuto. Al contrario, nelle dinamiche avversariali (formate dalle posizioni attorea e di convenuto), i figli sono in posizione “neutrale” e gli Avvocati, assumendo la difesa dei loro genitori, si impegnano a proteggerli e ad operare anche nel loro interesse. Nel processo di famiglia, dunque, l’avvocato è difensore del padre o della madre; ma certamente è anche difensore del minore. Qualunque sia la sua posizione processuale. Il valore “protettivo del minore” che ispira anche l’attività dell’Avvocato è pure desumibile dalle “Linee Guida del Comitato dei Ministeri del Consiglio d’Europa sulla Giustizia a Misura di minore”, proprio di recente richiamate dal progetto normativo di riforma della giustizia minorile, in via di prima approvazione in data 10 marzo 2016. Ebbene, in questo testo europeo, tra l’altro, si richiamano le autorità giudiziarie e tutti i professionisti in contatto con i minori (inclusi gli Avvocati) affinché «in tutti i procedimenti giudiziari i minori siano protetti da eventuali pregiudizi, tra cui intimidazioni, rappresaglie e vittimizzazione secondaria». E’ persino dedicata una serie di puntuali istruzioni per gli Avvocati, già per i percorsi di formazione e assistenza legale al fanciullo. Il Diritto Ue e le convenzioni internazionali convergono nell’affermare che «in tutti gli atti relativi ai minori (…) l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente» (v. ex multis, art. 3 par. 1, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo; art. 24, par. 2. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). Da ultimo – ma non per importanza – certamente merita menzione il d.l. 132 del 2014, convertito in l. 162 del 2014. Come noto, questa normativa di nuovo conio ha conferito agli Avvocati il potere di concludere accordi in materia di famiglia e minori così valorizzando il ruolo dei difensori che, infatti, devono, tra l’altro, occuparsi di garantire il primario interesse dei minori coinvolti. Come è stato autorevolmente evidenziato in Dottrina, si è di fatto inaugurata una sorta di «giurisdizione forense» che muove da una idea dell’Avvocatura “attrezzata” per presidiare anche gli interessi dei fanciulli, in questo tipo di procedimento. Alla luce di tutto quanto sin qui evidenziato, reputa questo Tribunale che quando l’Avvocato stipula il contratto di patrocinio con un genitore, per assisterlo in un procedimento minorile in cui coinvolti i figli, di fatto perviene alla conclusione di un contratto «ad effetti protettivi verso terzi» ove terzi sono i figli, secondo il modello negoziale collaudato in settori affini, come quello sanitario. Ne consegue ancora che l’Avvocato può essere, per l’effetto, destinatario di un rimprovero nelle sedi competenti (in primis quella della responsabilità civile) per condotte attive od omissive che abbiano contribuito a causare un nocumento al minore, per effetto della omessa o mancata protezione dell’interesse superiore del fanciullo. In altri termini, nella doverosa assistenza del padre o della madre, l’Avvocato deve sempre anteporre l’interesse primario del minore e, in virtù di esso, arginare la micro-conflittualità genitoriale, scoraggiare litigi strumentali al mero scontro moglie-marito, proteggere il bambino dalle conseguenze dannose della lite. In particolare, assumendo una posizione “comune” a difesa del bambino e non assecondando diverbi fondati su situazioni prive di concreta rilevanza. Nel caso di specie, ad esempio, gli Avvocati, investiti dello scontro genitoriale sulle “festività pasquali”, nell’interesse della bambina, ben avrebbero potuto riferire agli assistiti che, per legge, il cennato riferimento include Pasqua e lunedì di pasquetta; ben avrebbero potuto riferire agli stessi che per la questione sollevata poteva offrire supporto risolutivo l’ente affidatario. Nel caso di specie, dunque, la «giurisdizione forense» avrebbe potuto fare da argine e filtro, nell’interesse della bambina.

Conclusioni.
Per tutte le considerazioni sin qui espresse: a) l’istanza è inammissibile; b) lo scontro genitoriale è approdato in Tribunale senza sussistenza di una reale ragione del contendere; c) nel caso di specie, l’interesse primario della minore coinvolta non risulta adeguatamente considerato. Ogni rilievo qui messo in evidenza, viene rimesso alla valutazione del Collegio affinché, a definizione del processo, possa assumere ogni decisione.

P.Q.M.

Dichiara la manifesta inammissibilità dell’istanza.

Rimette al collegio ogni decisione consequenziale

Dispone che l’odierna decisione sia comunicata alle parti e all’ente affidatario

Milano, lì 23 marzo 2016

Il giudice